Volumi prodotti giù del 15% lo scorso anno ma c’è chi ora dice -30% tra gennaio e febbraio. Le aziende: «Domanda debole, ripresa possibile solo dal secondo semestre»
«La media dice -15%? Forse a qualcuno è andata meglio rispetto a noi». Per l’azienda di Cecilia Sacchi, l’omonimo produttore di pallet di Latina, in effetti il 2023 è non è stato un anno da incorniciare. E se il crollo del 40% dei ricavi è soprattutto “figlio” della discesa dei prezzi della materia prima, la frenata dei volumi racconta invece qualcosa di diverso, di più strutturale. Segnali importanti, quelli lanciati dal settore degli imballaggi in legno, che rispetto ad altri presenta in effetti una caratteristica unica: l’essere presente ovunque.
E non è un modo di dire. Perché prendendo in esame un prodotto a caso, dalle bevande alle piastrelle; dalle caldaie alle guarnizioni, dai macchinari agli infissi; dai pomodori alle aspirine, l’elemento unificante, quello che non manca mai, è sempre e comunque il pallet. Bancale di legno di dimensioni e caratteristiche definite che rappresenta l’architrave della catena logistica, strumento standard che permea trasporto e movimentazione nei magazzini, supporti che si presentano con una pervasività assoluta e che proprio per questo forniscono una cartina di tornasole unica per comprendere a colpo d’occhio lo stato di salute dell’intera industria. Produzione di pallets che in effetti fornisce dati eloquenti, con una caduta a doppia cifra nell’intero 2023, in accelerazione nel corso dell’ultima parte dell’anno.
I 2,7 milioni di metri cubi di legname trasformato (tipologia Fitok, nelle elaborazioni dell’ufficio studi di Conlegno) rappresentano un calo del 15% rispetto all’anno precedente, portando ad un nuovo minimo dal crollo verticale del 2020, quando però il venir meno della domanda si era concentrato in particolare nel secondo trimestre ed era legato all’emergenza Covid. Ora, dopo un periodo “stellare”, con volumi lievitati del 23% nel 2021, poi mantenuti l’anno successivo nonostante l’impazzimento dei prezzi e le crisi della supply chain, con questa caduta si ritorna di fatto ai livelli pre-crisi.
Se la tipologia di imballi Epal destinata all’esportazione cede solo il 6% nei volumi è grazie ai prodotti riparati, perché la nuova produzione anche in questo caso è in discesa a doppia cifra, in calo del 14% con oltre un milione di pezzi in meno.
Freno a mano tirato
«La sensazione – spiega Massimiliano Bedogna, titolare di un’azienda da 35 addetti e 25 milioni di ricavi – è che la manifattura sia in questo momento con il freno a mano tirato. Qui vicino a noi lavoriamo con il distretto della ceramica, che ha rallentato molto. Ma vediamo una situazione analoga anche altrove, anche in agricoltura o nella meccanica».
Per l’azienda, che ogni anno realizza due milioni di pallet, il clima è decisamente diverso rispetto a quello del 2022 e della prima parte dello scorso anno, quando era la domanda a guidare il mercato. «I prezzi del legno erano fuori controllo – spiega – ma in realtà siamo riusciti a ribaltare a valle gli aumenti perché il mercato “tirava”. Per evitare di rimanere a secco i clienti ordinavano comunque, senza particolari problemi di prezzo. Oggi invece ci troviamo in una situazione diversa e vediamo un calo dei volumi nell’ordine del 10%».
«Nel 2022 ogni settimana il prezzo cresceva – conferma Cecilia Sacchi, – ma visto che la domanda dei clienti a valle era forte, nessuno in realtà voleva rischiare di non avere pallet per trasportare la merce, quindi gli ordini arrivavano anche in presenza di listini fortemente inflazionati».
Ora il quadro è diverso, con una progressiva riduzione dei volumi, confermata anche nel quarto trimestre.
«La frenata della manifattura è visibile – spiega il presidente di Conlegno Orlando Fravega – ma vedo uno scenario a macchia di leopardo. Nella mia azienda, ad esempio, lo scorso anno i volumi sono scesi del 24%, oltre la media, mentre ora nei comparti con cui lavoriamo, chimica e alimentare, si vede qualche timido segnale di risveglio. Oggi le performance dipendono molto dal distretto di appartenenza».
«Nel corso del 2023 – conferma Davide Dellavalle, imprenditore piemontese e vicepresidente di Epal Europa, produttore di due milioni di pezzi all’anno – si è visto un calo progressivo della domanda in tutti i settori: noi lavoriamo un pò ovunque e devo dire che a parte l’alimentare, che bene o male tiene, altrove c’è un rallentamento evidente che passa dalla chimica alla meccanica, dall’edilizia alla farmaceutica».
La corsa del legno nel 2022
Settore, quello dei produttori di bancali, che arriva peraltro da un periodo complicato, con l’aumento stratosferico della materia prima, il legno, a far impazzire le quotazioni.
Nelle misurazioni della tipologia più diffusa, guardando ai costi dei pallet importati, l’ultimo rapporto di Federlegno evidenziava prezzi medi storici nell’ordine dei 6,4 euro a pezzo, cifra che si è progressivamente alzata a partire dalla primavera del 2021 per arrivare ad un picco di 16 euro nell’estate del 2023.
L’indice Cril, uno dei più utilizzati nel settore (segati di conifera per pallet) evidenzia in effetti questo trend: posto a 100 il livello di fine 2020, i valori di metà 2022 sono arrivati a più che raddoppiare.
Effetto-prezzo visibile nei numeri delle aziende, platea stimata da Federlegno in 139 unità: dalle prime stime della federazione di categoria nel 2022 i ricavi delle aziende del settore erano balzati di oltre il 45% tra gennaio e settembre. Guardando ai primi dieci produttori della categoria Istat di riferimento (imballaggi in legno), le vendite del 2022 sono salite in effetti a 541 milioni, quasi 150 in più (+35%) rispetto a quanto accadeva nel 2021.
Listini impazziti che tuttavia solo in parte si sono ribaltati a valle come aumenti concreti, tenendo conto di una sfida che mediamente è sempre tra Davide e Golia: Pmi di stazza ridotta facilmente sostituibili, a causa della fornitura di un prodotto basico e non troppo differenziato, che devono negoziare le condizioni con multinazionali o realtà comunque ben più strutturate. «Qualche contratto – conferma Dellavalle – in effetti è indicizzato ma non sempre si riesce a lavorare in questo modo. In qualche momento i pallet nuovi sono arrivati a costare anche 20 euro al pezzo, ora siamo tornati su livelli più ragionevoli».
Gli imballaggi industriali
Situazione non brillante anche per chi lavora su imballi industriali di dimensioni diverse, prodotti customizzati che cedono terreno ma in misura nettamente minore, con metri cubi in calo del 2% e quattro milioni di pezzi prodotti in meno. Ora però il clima è cambiato, in particolare per chi lavora con i produttori di impianti legati al mondo dell’auto.
«Tra gennaio e febbraio per noi c’è un calo del 30% – spiega Luca Locatelli, imprenditore e ceo della lombarda Italpacking – e del resto la frenata si tocca con mano andando dai clienti, dove non è raro vedere fabbriche “scariche”: i nuovi ordini latitano e a cascata per noi si riducono le commesse di imballi». Che in questo caso non sono affatto prodotti standard ma strutture di contenimento e trasporto pianificate ad hoc, anche per gestire oggetti da centinaia di tonnellate, imballaggi speciali che possono costare anche oltre 100mila euro nelle configurazioni più sofisticate e che al momento sono richiesti in numero inferiore.
«La sensazione – aggiunge Locatelli – è che da un lato i tassi stiano frenando gli investimenti, dall’altro si attende la messa a terra dei nuovi incentivi 5.0. Le aziende stanno facendo tanti preventivi, il mercato è ancora lì e non è sparito ma ora aspetta. Un nostro cliente ha ad esempio ricevuto una richiesta insolita: l’impianto in questione è già pronto per essere spedito ma la multinazionale che lo ha commissionato gli ha chiesto di tenerlo in magazzino per un anno, ritireranno il macchinario più avanti».
«Lo scorso anno nei volumi un lieve calo si è visto – aggiunge Francesco Spigolon, imprenditore dell’omonima azienda padovana da 85 addetti – anche perché i miei clienti della ceramica hanno approfittato di qualche ponte per chiudere i forni ed effettuare manutenzioni, riducendo la richiesta per noi. Ora si vede in effetti un rallentamento corale dell’industria; anche a gennaio partiamo in lieve frenata, direi del 4% rispetto allo scorso anno».
Le prospettive
Se il 2023 non è stato brillante, il 2024 non si annuncia per nulla favorevole. Anche se con intensità diverse a seconda del settore, la sensazione di un rallentamento corale è diffusa, confermata non solo da chi produce imballaggi speciali ma dagli stessi fornitori di pallet. «Nel primo bimestre c’è un altro calo del 10%», spiega Massimiliano Bedogna; «se dobbiamo parlare di crescita – aggiunge Cecilia Sacchi – dobbiamo guardare direttamente al secondo semestre: prima di allora un’inversione di rotta non si vede proprio».
Tratto dal “Sole 24 Ore” vedi link: https://amp24.ilsole24ore.com/pagina/AFc691mC